
Da dove siamo partiti
Alcune note drammaturgiche
Il paesaggio narrativo affidato dalla direzione artistica al regista è il concetto di “porta”, del “portare”, del far nascere. Questo per avvicinare lo spettacolo al contesto natalizio, senza tuttavia inciampare nel cliché commerciale legato al periodo. Il progetto è infatti inizialmente immaginato come proposta di "circo d'inverno". Tuttavia si è ritenuto che lo sforzo produttivo dovesse essere in grado di generare uno spettacolo che possa essere rappresentato anche oltre i mesi invernali. “Porta” dunque come simbolo del passaggio, pretesto per riflettere sul rapporto dell’essere umano con la emotività e la sua sfera metafisica. Ne nascerà uno spettacolo onirico, con decisivi accenti di spettacolarità acrobatica, in grado di parlare sia alla fascia di pubblico colto e preparato che al pubblico dei più piccoli e delle famiglie. Quest’ultima caratteristica -determinante per il circo- permetterà di presentare uno spettacolo d’innovazione artistica senza comprometterne la fruibilità e l’accesso da parte delle nuove generazioni o di chi non sempre fruisce di spettacoli di arte performativa.

Su cosa stiamo lavorando
Alcune pennellate dell'atmosfera che stiamo creando.
In un universo rarefatto, sospeso tra l’assurdo e il poetico, quattro figure abitano uno spazio instabile, costruito attorno a un enigma architettonico: la porta. In scena quattro porte che non portano da nessuna parte, sedie che si ribellano al loro ruolo, carriole che diventano elementi d’arredo e ombre che bussano nel vuoto, “Gli stessi” è un viaggio scenico nella geometria paradossale dell’abitare. La “porta” divide, unisce, trasforma, è accesso e fuga, dentro e fuori, soglia e rifugio. Lo spazio nasce attorno a questo varco: è lì che tutto inizia, si frattura e si ricompone. I protagonisti – identici, ripetuti, speculari – agiscono sempre insieme, mossi da una logica collettiva che si incrina quando l’unità si spezza. Gesti quotidiani diventano rituali coreografici: la sigaretta, l’ombrello, l’equilibrio circense si trasformano in linguaggi condivisi, disturbati da oggetti che sembrano irrompere sulla scena da un altrove che non è dato conoscere. Costruito come un universo visivo sospeso tra realismo magico e tensione surreale, lo spettacolo gioca sul contrasto tra forma e suono, simmetria e disordine, dentro e fuori. La musica disattende, le luci ingannano, le ombre raccontano quello che non si può dire. “Gli stessi” nasce come un’opera corale e onirica sulla convivenza, la ripetizione, il limite.

Elementi drammaturgici
Alcune idee tecniche alla base del progetto
I personaggi agiscono sempre insieme, ma ciascuno possiede un unico attrezzo circense tradizionale – una sfera, una pallina, una clava – da integrare nella scena comune. Nessuno si esibisce da solo, tutto è condiviso: anche l’equilibrio di un numero circense è costretto a piegarsi alla presenza collettiva. La sedia, ad esempio, può diventare una costrizione o un vincolo performativo per uno di loro. I costumi definiscono l’universo, con una scelta precisa e coesa che ancora l’estetica in un immaginario specifico (forse post-sovietico, vintage, o da “realismo magico georgiano”? Il riferimento non esplicito e mai esplicitato è al regista cinematografico georgiano Otar Iosseliani e al suo lungometraggio “Aprile”). Le musiche invece rompono l’immaginario, generando un contrasto che destabilizza le aspettative del pubblico. Le ombre, le luci, e il videomapping amplificano la tensione tra interno ed esterno: mani proiettate bussano, aprono porte, creano presenze evanescenti che abitano lo spazio scenico e mentale. Lo spettacolo è una riflessione metaforica sull’identità collettiva, sul senso dell’abitare, sui confini tra ciò che è dentro e ciò che è altro. Tra il gesto quotidiano e l’azione performativa: l’obiettivo è generare una danza scenica abitata da oggetti e simboli che parlano, giocano, disturbano; in un contesto sociale dove l’altro e la porta tendono a sparire, inghiottiti dai portali della ripetitività e dell’assenso.
Crediti
direzione artistica Davide Perissutti
idea drammaturgica di Davide Perissutti e Roberto Magro
regia di Roberto Magro
creazione dell'immaginario Petr Forman
artisti in scena Alessandro Maida, Davide Visintini, Giorgio Bertolotti, Tommaso Panagrosso
project management Francesco Rossi
musiche originali Simon Thierré
coreografie Erika Bettin
scenografie Andrea Avoledo e Paolo Tonezzer
effetti visivi Natalie Monforoy
costumi Elettra Del Mistro
logistica Marta Savorgnan
fotografie di scena Lucrezia Ficetti
Una produzione Circo all’inCirca in collaborazione con Cooperativa Puntozero, con il sostegno di Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e Comune di Udine, in partnership con Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine, Comune di Udine, Simularte società cooperativa, FLIC scuola di circo.